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Alfa Romeo Mito #C2C13: la cultura elettronica a Torino.

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report ctc2013

La più bella edizione di sempre, questa del C2C 2013.

Per il sold out tutti i giorni del festival, per la bellezza delle location (con la new entry delle Officine Grandi Riparazioni, già sede della preview con il live dei Mount Kimbie) , per la grandezza e l’eleganza della line up, per la puntuale organizzazione.

Alfa MiTo Club To Club torna per il tredicesimo anno a Torino durante la settimana dell’arte contemporanea e si inserisce in un palinsesto di eventi tra i più interessanti dell’anno.
Il tema di quest’anno è TWINS, a simboleggiare l’ideale gemellaggio che connette Torino alle altre città in cui il festival si svolge, ma anche la capacità di creare una community che unisce artisti, pubblico e realtà vicine e lontane.

Davvero una community quella dei “clubbers” , coesa e complice nei giorni del festival, persone da tutta Italia e da tutta Europa si uniscono seguendo un unico filo conduttore: la musica, la bella musica, quella di qualità, che ti riempie il cuore, ti anima e ti tiene sveglio fino all’alba.

Un programma pieno e ricco di appuntamenti, dal pomeriggio fino a tarda notte, con più di 50 artisti provenienti da tutta Europa.
Questa edizione del festival, oltre ad arricchire di suoni e persone una città già artisticamente molto attiva per la Contemporary Art Week , conferma la sua internazionalità.
Il C2C non ha nulla da invidiare ad altri festival di elettronica europei:
Torino come Berlino o Londra.

C2C è un festival che mischia tendenze passate e innovazione decretando la fine della separazione netta tra i generi.

La collaborazione con il British Council , inoltre, ha portato al festival una schiera di artisti britannici di grande livello: Tra gli headliners, spiccano James Holden, sciamano bitannico del Devon, con produzioni ispirate ai suoni e paesaggi del Galles e alla musica folk; Kieran Hebden aka Four Tet, londinese all’apice della sua popolarità e ponte fra il mondo elettronico e quello indie; i Fuck Buttons, duo formatosi presso la scuola d’arte di Bristol, e il loro sound rainbow rock; o ancora il padrino della dubstep Kode9, fondatore dell’innovativa Hyperdub e curatore del nuovo progetto firmato British Council  e Xplosiva, A Great Symphony in Torino.

Oltre al Lingotto, ormai location consolidata del festival e grande scenario per il Gran Finale, la vera novità è la scelta delle Officine Grandi Riparazioni, uno scheletro industriale di cemento e acciaio che unisce la freddezza della fabbrica al calore di luci e spazi dalle architetture regolari imponenti.
In questo contesto si inserisce una line up spettacolare,  ben distribuita durante i primi 2 giorni del festival.

Il Teatro Carignano ha ospitato il progetto di James Holden. Sette anni dopo la pubblicazione dell’album di debutto e pietra miliare di James Holden, ‘The Idiots Are Winning’, il 2013 vede finalmente tornare in grande stile il producer, DJ e fondatore dell’etichetta Border Community, con un disco di proporzioni epiche: ‘The Inheritors’ è un viaggio psichedelico e coraggioso con una personalissima estetica nella produzione.

La serata continua alle OGR, dove in contemporanea si svolge la preview di Artissima.
E’ la volta di Dinos Chapman e Factory Floor:

Il primo, video artista e scultore, ha dato vita ad una performance audio video  davvero interessante. Come se traducesse in musica le sue opere disegnando, quindi , paesaggi sonori cupi e  macabri, accompagnati a ritmicità house: una musica “sciatta” (schlampige musik) , come egli stesso descrive il suo primo album “Luftbobler” .

Factory Floor è una band londinese composa nella sua struttura attuale da Gabe Gurnsey alla batteria, Dominic Butler ai synth ed elettronica, Nik Colk Void alla voce, chitarra e campioni. “Rock elettronico post – industriale”, così viene definito dalla critica. Un bel mix di synth , strumenti , atmosfere dark. Un bel set a chiudere la prima serata.

Il  Day 2 ha visto spiccare l’eleganza e la bravura del musicista a compositore britannico Jon Hopkins.
Forse la performance più emotiva dell’intero festival, un susseguirsi di melodie, pianoforte e sonorità dub. Bassi da pelle d’oca e una sensazione di libertà. Jon Hopkins trasmette belle vibrazioni e good karma. Amore e condivisione. Ed è questo lo spirito con cui un festival va vissuto. Sorrisi e abbracci, divertimento puro non tralasciando le emozioni.

Interessanti anche il live noise ambient di The Haxan Cloak e i folli Ninos Du Brasil , il nuovo progetto dell’artista Vascellari e Nicolò Fortuni,che unisce voce, percussioni (cuica, congas, campane, jambè, rulli, piatti, claves, maracas, fischietti…) per dare origine ad un’originalissima samba elettronica.

James Holden toglie il fiato con le sue piroette elettroniche, le ritmiche inafferrabili, volutamente grezzo e sporco seppure preciso nelle sue progressioni sintetiche.  Bravissimo a catturare il pubblico e condurlo in direzioni diverse, cambi di ritmicità schizofrenici, percorsi sonori dei più eclettici.

Day 3, il Gran Finale: è stato magnifico. Dalle  21 all’alba, circa 10 ore di musica. Sold out anche per il Lingotto, nonostante la sua grandezza.
Ad aprire la serata Jon Talabot, dj e producer spagnolo,  con la sua psichedelica da dancefloor. Una performance solare, per iniziare con il piede giusto e a star bene la maratona del gran finale.
A seguire Fuck Buttons: set incalzante , synth galoppanti e tamburi. Un set grandioso, completo, forse uno dei migliori della serata. Synt, percussioni e video con il kinect. Rumorosi quanto basta, post rock e techno in un mix davvero incredibile.

Fourt Tet sale sul palco e in sala s’inizia a stare stretti. Lo attendevamo in tanti, da sempre alfiere di classe, leggerezza, solarità: Musica calda e giocosa, le influenze jazz degli esordi incastrate perfettamente in reti e trame elettroniche e dance.
Kieran Hebden (molti ancora credono ci sia lui dietro il progetto Burial) è affascinante, il suo set si apre piano piano, lunghissimi minuti di preliminari che si trasformano poi però in un’ esplosione di suoni, colori, sensazioni.
Decisamente un fuoriclasse dell’elettronica colta, elegante, raffinata.

In Sala Rossa si alternano artisti dub del calibro di Adrian Sherwood e Pinch ( bassi forti e sonorità classiche anni 90 un progetto bello che ha fatto ballare non poco), e a seguire Kode9 , una certezza della dubstep e delle sue evoluzioni.

Nel Padiglione1  Diamond Version, nuovo progetto di Alva Noto e Byetone. Nel loro solito stile minimale, un cambiamento impattante rispetto ai britannici che li hanno preceduti. Bellissimi i loro video.

A seguire i Modeselector che non sorprendono particolarmente, ma si confermano dei veri e propri animali da palcoscenico che sanno come far impazzire letteralmente la folla.

Rustie, nella Sala Rossa, rozzo e violento nei cambi di stile, ci presenta un set frenetico. Impossibile stare fermi nonostante il caldo assurdo della sala ribattezzata dai più “sauna” rossa.

Mentre sul palco principale si susseguono Julio Bashmore e Ben UFO,  Andy Scott chiude il party in Sala Rossa.
Prima di lui un “defaticante” set dei Machinedrum. Sarebbe stato forse più bello vederli alle OGR, in un contesto diverso, ma forse l’idea dello stretching finale dopo una lunga session di dub e salti non è poi tanto male male. Un set emotivo dalle profonde atmosfere sonore: non solo macchine, ma anche batteria e chitarra elettrica.

Torino dunque sempre più si fa capitale dell’eltrronica, capitale della CULTURA elettronica. E il Club to Club oggi è uno dei pochi festival in grado di trasmettere insieme, grazie alla perfetta organizzazione e all’accurata selezione di artisti, una serie di valori artistici e umani da non trascurare. Un festival che non è solo divertimento, ma è anche e soprattutto conoscenza, esplorazione di nuovi scenari e generi. Una vera e propria vetrina sulle tendenze del contemporaneo, in grado di anticiparle, trasmetterle, raccontarle e farle vivere in soli quattro giorni.


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